Ti racconto il mio parto #17
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Mio figlio è nato pochi mesi fa.
Tutto è iniziato con la rottura delle acque. Era sabato notte. Siamo andati in ospedale e mi hanno ricoverata dicendomi che non essendoci contrazioni e avendo il tampone vagino-rettale positivo avrebbero dovuto indurmi il parto il mattino seguente. L’induzione è iniziata domenica mattina alle ore 11 con un medicinale per bocca che nel giro di poco ha fatto crollare il battito a mio figlio. Dopo qualche manovra e cambio posizione si è ripreso e ci hanno portati in sala parto dove è iniziata l’induzione con ossitocina. Le prime ore sono state belle ed emozionanti. Ero sola con mio marito, di tanto in tanto passava l’ostetrica a controllare che andasse tutto bene. Mi sentivo carica e motivata, accompagnata da una playlist di mantra rilassanti e rigeneranti allo stesso tempo.
Alle ore 20.00 ricrolla il battito del bambino e la ginecologa sospende l’ossitocina per un paio d’ore. Alle 22 ritorna la ginecologa con l’ostetrica per riavviare il tutto. A quel punto inizio ad essere affaticata, in pensiero per il battito di mio figlio anche se mi dicono che è tutto a posto, affamata e assonnata. Non riesco a dormire perché l’allarme del tracciato del battito suona spesso anche se l’instabilità cardiaca non sembra essere così grave.
Alle 6.00 del mattino del giorno seguente la situazione è in stallo, io non mi ero dilatata e il bambino non era minimamente sceso. Sono passate tante ore.
La ginecologa a quel punto mi propone di scegliere tra un ultimo tentativo proseguendo ancora per qualche ora l’induzione oppure il cesareo. Io ho sentito subito di voler scegliere il cesareo: non mi dilatavo e lui non scendeva, evidentemente qualcosa non era allineato se il travaglio non partiva, per cui mi sembrava la cosa migliore da fare. La ginecologa spingeva però per continuare l’induzione dicendomi che sarebbe stato un peccato non tentare fino all’ultimo. Io mi sono sentita confusa, forse a disagio e con senso di colpa per “non averci provato abbastanza” o frettolosa per arrivare a conclusione. Ma ho deciso di ascoltare le mie sensazioni e supportata da mio marito ho firmato per il cesareo.
Mio figlio era avvolto nel cordone, per cui un parto vaginale sarebbe stato rischioso e probabilmente, a detta dell’ostetrica, e poi anche della ginecologa, avremmo rischiato di dover ricorrere ad un cesareo d’urgenza.
Di certo non era il parto che mi aspettavo, in ogni caso è stato tutto molto intenso ed emozionante. Come ci avevano detto al corso pre-parto: -comunque vada, è la nascita di vostro figlio/a!-
Siamo riusciti a vivere l’esperienza in un flusso positivo, nonostante tutto, grati di questo dono!
L’unica cosa, ripensandoci, che mi ha infastidito, è stata la velata ma chiara insistenza della ginecologa per il parto vaginale, e il fatto che non si sia posta in maniera imparziale di fronte alle opzioni che potevo scegliere.
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