Obstetric Violence. Realities and resistance from around the world
Una delle coordinatrici di questa recente pubblicazione, insieme a Nicole Hill e Julie J. Searcy, è la dottoressa Angela Castañeda, Associate Professor ed Edward Myers Dolan Professor of Anthropology alla DePauw University in Indiana (USA), i cui studi riguardano la salute riproduttiva da un punto di vista religioso, rituale, culturale ed antropologico e con cui noi di AMINa siamo in contatto da un pò.
Il testo che ci troviamo a recensire oggi, intitolato “Obstetric Violence. Realities and resistance from around the world” si sofferma sul problema della violenza ostetrica in diverse parti del mondo, con contributi di studiose, professoresse, infermiere, studentesse in antropologia medica, doule, femministe, esperte di violenza di genere.
Partendo dal contesto americano e dall’assunto che la violenza ostetrica in tutte le sue forme è fortemente degenerata in tutto il mondo in seguito alle misure imposte dal covid 19, il libro evidenzia che una crescente consapevolezza e preoccupazione si sono manifestate attorno a questo fenomeno negli ultimi 15 anni. Ciò grazie ai rapporti pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e al lavoro di diverse realtà della società civile che hanno raccolto e denunciato svariati episodi di violenza ostetrica.
Questo testo ne analizza le radici storiche e legali, raccoglie storie di donne e riporta esempi contemporanei di reazione e resistenza.
Analizza ad esempio alcune esperienze dall’America Latina, dove il reato di violenza ostetrica è riconosciuto in Venezuela ed alcuni stati del Messico, mentre in Argentina viene evidenziato il legame tra eccessiva medicalizzazione del parto e violenza ostetrica (in Italia ad esempio si è parlato di introdurre il reato di violenza ostetrica a lungo, fino a giungere ad una proposta di legge presentata nel 2016 dal Deputato Zaccagnini che non è stata tuttavia approvata).
Si interroga anche sulla definizione di violenza ostetrica, cercando di dare una risposta a 360 gradi attraverso il punto di vista di diverse professioniste e di diverse utenti dei servizi di salute materna e riproduttiva (riscontra ad esempio un maggior numero di maltrattamenti nei confronti di donne provenienti da comunità indigene o minoranze in un capitolo intitolato “Racism in the Birth Room: Obstetric Violence in the US Context”, e di altri gruppi vulnerabili come le adolescenti).
Parla delle dinamiche di potere in sala parto, delle comunicazioni dei media che mostrano la violenza ostetrica come un fattore privato con soluzioni individuali e dunque non un problema della collettività e dei traumi riportati dalle donne quando viene data loro l’opportunità di parlare del proprio parto.
Perchè, come dice l’introduzione, “le [vostre] storie sono importanti”.
Anche AMINa sta raccogliendo storie di donne che desiderano raccontare del loro parto. Potete leggerle nella sezione “Ti racconto il mio parto” oppure raccontarci su Messenger @aminaodv o Instagram Direct @amina_odv le vostre storie, che verranno pubblicate in forma anonima.
AMINa ODV
La nostra missione è quella di promuovere un parto consapevole, rispettato e positivo in Italia e nel mondo. Partiamo dal presupposto che al momento molte donne sono vittime di violenza ostetrica, oppure mancano di accesso ai servizi di assistenza di base. Attraverso attività di sensibilizzazione e di cooperazione allo sviluppo, AMINa mira a promuovere una diversa cultura del parto, che valorizzi le differenze e consideri partoriente e nascituro come soggetti e non come oggetti dell’azione.
Crediamo che la diversità sia una ricchezza; crediamo nelle doti innate della partoriente e del nascituro nel momento del parto; crediamo che questo debba essere affiancato dalle opportunità offerte dalla medicina e che la nascita dovrebbe essere al centro di ogni agenda politica poiché riguarda l’intera umanità e non dev’essere relegata al solo universo femminile. Crediamo che il parto possa essere una straordinaria esperienza trasformativa.
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