Ciao, sono Simona, il 6 maggio 2023 è nato Marco.
Qualche giorno prima avevamo perso la mamma di mio marito, è bastata una chiamata notturna per scoprire che una persona importantissima per noi se ne era andata via e non avrebbe mai visto il nipote. Pochi giorni dopo ho partorito, è nato il nostro bambino: la cura a tutto ciò che c’è di brutto.
Era un giorno soleggiato di maggio e io inizio ad avere dei dolori abbastanza forti, andiamo in ospedale e dopo qualche ora ci rimandano a casa, allora pranziamo e poi facciamo una passeggiata. La sera torniamo a casa, facciamo una doccia e ceniamo. Dopodiché ci mettiamo a guardare Propaganda Live, sdraiati sul divano.
Finisce il programma e ci mettiamo a letto, sento un dolore lancinante pervadere tutto il corpo, prima una scossa poi un’altra e allora chiamo mio marito e gli dico “Ci siamo, ecco le contrazioni”. Ci vestiamo, faccio tutti gli esercizi di respirazione e poi decidiamo di aspettare perché al corso pre-parto hanno detto di andare quando le contrazioni sono più stabili, frequenti e intense. Mio suocero è molto agitato ci dice di andare, ma noi aspettiamo. Arrivano le 4:00 e decidiamo di recarci in ospedale.
Arriviamo e dopo le visite ci comunicano che non ci sono posti, ma dopo aver capito il nostro stato psicologico trovano il modo di farci rimanere. Si fanno le 7:00, andiamo in sala travaglio. I dolori diventano sempre più forti, ma un bel cornetto me lo mangio. Poi le prime indicazioni con ciò che bisogna fare. Arrivano le 10:00 o le 11:00 e le contrazioni si fanno più forti, abbraccio mio marito e facciamo tutti gli esercizi di respirazione. Ore 12:00, arriva l’epidurale, ancora non ho capito come ho fatto a restare ferma immobile in quel momento, ma ci sono riuscita. Arrivo in sala travaglio e dormo per un’oretta. Intanto mio marito va in trattoria a mangiare un bel primo e anche un bel bicchiere di vino. Torna che sono le 14:00.
L’epidurale svanisce, torna il dolore, lo devo sentire per spingere nei momenti esatti. Le ostetriche, bravissime e simpaticissime, mi dicono come e quando spingere, cerchiamo la posizione adatta. Io, come in tutti i filme, voglio partorire sdraiata sul letto. Spingi e spingi, soffia, soffia. Un caldo esagerato, ricordo che facevo forza con le braccia tenendomi come su una imbarcazione dovendo remare, dopo infatti avevo delle braccia scolpite.
Mio marito ormai era davanti con le ostetriche e il dottore, gli facevano vedere la testa. Anche lui mi incoraggiava. Io come un soldato soffiavo, spingevo e non mi lamentavo, chiedevo solo di bagnarmi le labbra e di riposare un attimo, ma non si poteva. Quindi ho continuato, senza lamentarmi, per arrivare all’obiettivo: far uscire Marco.
Come dicevano le ostetriche: fai. spazio a Marco. Poi è uscito, mi sono sentita svuotata. Riccardo abbraccia il medico come dopo un goal e mi mettono il bambino sul petto. “Aiuto” penso, “è tutto grigio e non piange”. Poi Riccardo gli taglia il cordone e finalmente Marco piange e fa la pipì. Sì, proprio la pipì, poi lo portano via per lavarlo e fargli le viisite.
Intanto le ostetriche faticano per far uscire la placenta. Arriva la più anziana e con un tocco magico risolve tutto. Infine la parte più antipatica: devono ricucirmi. In quel momento il freddo ti assale, ma è normale. Ero lì che ascoltavo ogni singola parola delle ostetriche e del dottore, volevo sapere come stava Marco. Entra l’ostetrica e dice che sta bene, il padre se lo va a prendere e me lo porta. Intanto continuano a ricucirmi, ma non mi importava. Il bimbo, che sembrava un pugile suonato, stava bene.
Ridiamo con l’ostetrica, perché è di vicino Roma e l’inconfondibile “Bello di papà” di mio marito fa capire le nostre origini. A Firenze non capita di sentirlo, ci dice. Poi però io dico di essere nata a Catania e il dottore ride e dice di essere di Giarre. Un momento di ilarità diffusa mentre io ero sdraiata e dovevo essere ricucita. Marco nel frattempo ha fatto la cacca e di li a poco si sarebbe attaccato al seno…
È passato un anno e tutto è impresso nella mente come il momento più faticoso ma bello della nostra vita.