di Chiara Segrado – Presidente AMINa ODV
“La nursery” di Silvia Molnar è un romanzo crudo e senza filtri sull’esperienza di diventare madri.
La protagonista alterna il racconto dei vari momenti di questo processo, dal parto all’annuncio che fa al compagno quando scopre di essere incinta, ad un presente senza fine che ruota perennemente attorno ai bisogni della figlia, che lei chiama Bottone perché le sta sempre appiccicata.
“Questo è solo un esempio di come si fabbrica la vita, e nel mio caso è avvenuto in maniera brutale”, dice del suo parto, avvenuto in ospedale, di cui porta addosso i segni fisici (cicatrici, emorroidi, punti di sutura) e un trauma psicologico che finisce per caratterizzare l’intera narrazione del romanzo. Si rende conto che in mano a degli estranei, in ospedale, bloccata da cateteri e tubicini, “non ha il controllo su nulla” e si lascia vivere. Ma è per questo che l’esperienza poi continua a tormentarla: “Sto continuando a rivivere il parto, non è così? Sono bloccata in un déjà vu”.
Il corpo è cambiato, la sua vita non è più quella che conosceva. “La metamorfosi seguita al parto mi ha resa irriconoscibile a me stessa”. È stanca, prova rancore per il compagno che in fretta ha ripreso la sua vita, tornando al lavoro, tornando nel mondo mentre lei è imprigionata tra le quattro mura del suo appartamento. Pensa spesso a come sarebbe bello se potesse liberarsi dalla bambina, gettandola dal balcone, tagliuzzandola come un pollo. Cerca su Google quali siano i sintomi della depressione post-parto.
Un romanzo necessario per poter sfatare alcuni dei luoghi comuni riguardo alla maternità, essenziale per comprendere quanto questo tipo di esperienza sia condivisa e avviare una riflessione collettiva su come supportare al meglio le neo-mamme.