Sarah Pedrazzi, psicologa clinica ed esperta in fisiologia e psicologia perinatale, conduce corsi di accompagnamento alla nascita e alla genitorialitá

Cosa ti ha portato a specializzartisu questi temi? C’è un investimento personale?

Io ho sempre avuto un’enorme passione per i bambini piccoli e ho atteso con trepidazione di diventare mamma. Mentre studiavo ho fatto babysitter appena potevo proprio per soddisfare questo mio desiderio istintivo fortissimo. Ho insegnato anche in un asilo nido, perché la direttrice mi ha proposto questo lavoro vedendomi e conoscendomi come babysitter. E’ proprio lampante e visibile a tutti questa mia passione!

Mi sono laureata in psicologia, avendo la necessità di andare in profondità e in intimità col mio prossimo, ma ho trovato la mia piena realizzazione solo quando mi sono imbattuta nella psicologia perinatale (con un master extra, perché purtroppo nel percorso tradizionale non si parla approfonditamente di questi temi). Ancora prima di diventare psicologa perinatale ho fatto un corso extra curricolare della mia scuola di psicoterapia (Gestalt HCC) per diventare operatrice di psicoprofilassi al parto. Quella formazione ha sollecitato ogni cellula del mio corpo e ho capito che quella era la mia strada nella vita. Aiutare le coppie a diventare la versione migliore possibile di genitore, conoscere i bisogni neonatali, godersi al massimo la gravidanza, il parto e i primi 3 anni di vita del bambino, fondamentali per lo sviluppo di qualsiasi essere umano, sono argomenti troppo preziosi che chiunque dovrebbe conoscere bene. La psicologia perinatale comprende proprio il periodo che va dall’idea di avere un figlio ai primi 3 anni di vita del bambino. È fondamentale conoscere non solo la psicologia e la fisiologia del bambino, ma anche  tutto ciò che attraversa i neogenitori, in modo da poter avere tutte le risorse possibili per capire bene come tutti gli attori si influenzano e si co-adattano l’uno all’altro.

ASIPP (Associazione Scientifica Italiana di Psicologia Perinatale) corona questo mia passisone ancora di più, perché lavorare con amiche e colleghe che hanno la tua stessa mission, cioè diffondere queste informazioni il più possibile, non solo alla popolazione, ma lavorando approfonditamente con gli operatori sanitari, è meraviglioso e indispensabile. Se siamo noi operatori ad avere tabù e falsi miti in testa non faremo altro che continuare a propagarli e diffonderli nelle persone, invece serve una rielaborazione profonda della propria storia personale e formazione continua.

Qual è in Italia la concezione dominante del percorso nascita e cosa ritieni andrebbe cambiato?

La concezione dominante in Italia è che “La” figura di riferimento in gravidanza è il ginecologo e che non ci sono altre opzioni se non fare ecografie ogni mese, fare tutti i test ed esami di diagnosi prenatale possibili e partorire per forza nell’ospedale più vicino. Andrebbe cambiato tutto secondo me! I futuri genitori dovrebbero viversi questo periodo con meno ansia possibile, farsi seguire principalmente da un’ostetrica che viene a domicilio possibilmente a fare le visite e fare più un lavoro di consapevolezza e riorganizzazione della propria vita in vista di un figlio. Sfruttare al massimo il periodo della gravidanza per rallentare, riconnettersi col proprio corpo, prendersi il tempo per parlare col partner in modo spontaneo e sincero. Rallentare dal lavoro in primis; non dovrebbe essere tanto un vanto “essere riuscita a lavorare fino al parto”… vuol dire non essere riusciti a prendersi veramente il tempo per sé e per l’arrivo di quel bambino. Alla mia prima gravidanza mi è dovuta venire la febbre la settimana prima di partorire per fermarmi dalla mia vita super frenetica, poi ho imparato! Bisogna iniziare a mediare e a conciliare famiglia e lavoro già da prima. L’accompagnamento in gravidanza deve essere per forza di cose personalizzato e attento ai bisogni di quella coppia in quello specifico momento storico. L’appoggio dell’ospedale e la figura del ginecologo ovviamente sono fondamentali, ma nel momento in cui la gravidanza non è fisiologica, ma non possiamo trattare tutte le gravidanze come patologiche. Siamo una società piena di ansie e di insicurezze per cui ci muoviamo e prendiamo decisioni senza esserci pienamente, ma guidati dalla paura, errate informazioni e troppi racconti distorti e negativi purtroppo. Questo atteggiamento andrebbe cambiato al di là delle gravidanze. Viviamo con paura la vita in generale e con poca fiducia e gioia.

Quanto è diffusa la sensibilità a chiedere supporto psicologico da parte delle future o neomamme e da cosa dipendono eventuali resistenze? Qui vorrei che mi chiarissi se ci sono ostacoli culturali/sistemici/di accesso

L’ostacolo più grande, a parere mio, è sempre e comunque il pensiero culturale che dobbiamo sempre cavarcela da soli e che chiedere aiuto è qualcosa di cui dobbiamo vergognarci, perché dimostriamo debolezza. Questo in generale nella vita, per cui coinvolge anche questa fase. Magari le neomamme, proprio perché sopraffatte da questo mondo nuovo e sconosciuto, quello infantile, chiedono di più aiuto, ma se non trovano subito l’aiuto e l’empatia di cui hanno bisogno e si sentono giudicate o sbagliate, ecco che si chiudono in loro e perdiamo l’occasione di aiutare quell’ intera famiglia.

Ecco perché insisto con il fatto che il corso di accompagnamento alla nascita dovrebbe essere condotto interamente da ostetrica e psicologa/psicoterapeuta perinatale contemporaneamente senza introdurre altre professioni, perché dobbiamo far si che si creino dei legami profondi, dobbiamo fare in modo che le coppie possano fidarsi di quelle professioniste, in modo che, quando avranno bisogno, non avranno problemi a chiedere aiuto a loro.

Chiedere supporto psicologico in una fase così delicata come la genitorilaità dovrebbe essere obbligatorio proprio per capirsi e aumentare la propria consapevolezza come individuo in primis e per capire il potere che abbiamo nei confronti di questi bambini. Non abbiamo più un villaggio intorno, siamo sempre più separati e isolati fisicamente, ma anche intimamente e psicologicamente, per cui l’incapacità di stare in contatto con le proprie emozioni e spesso non capire che si ha bisogno di aiuto è un grave impedimento. Siamo talmente fragili che ci chiudiamo sempre più in noi stessi perché è paradossalmente più facile, anche se doloroso; se incontriamo però qualcuno che è in grado di trasmetterci fiducia e di farci le domande giuste senza giudizio e presunzione, saremo ben felici di toglierci quei pesi che ci portiamo dietro e dentro da tutta la vita e riscoprire la bellezza di essere genitori.

Quali sono le problematiche principali su cui le neomamme chiedono supporto? anche qui, un quadro ampio con una breve analisi delle difficoltà – che siano individuali, per esempio di eccesso di aspettative; familiari, per es scarso sostegno dei padri; sociali, per esempio impossibilità di conciliare con altri ruoli

Le problematiche principali per cui le neomamme chiedono supporto di solito, confrontandomi anche con le amiche e colleghe ostetriche, sono rispetto all’allattamento, il sonno e il pianto dei loro bambini, che non sanno come gestire, che mette loro ansia e/o risveglia internamente e inconsapevolmente dentro i loro traumi neonatali.

La genitorialità, che parte appunto dall’idea del concepimento, smuove e porta a galla tutti i traumi infantili non elaborati, per cui questo periodo è un’occasione preziosissima per prendersi cura di sé come persona, per poi essere un genitore presente e nel qui-e-ora per il proprio figlio. Ci sono anche tante ansie nei neogenitori proprio perché, come detto prima, c’è una mancata praticità e familiarità con i neonati, non sappiamo proprio come funzionano i bambini, non li frequentiamo finché non diventiamo genitori, siamo fortunati se abbiamo avuto dei fratelli e/o cugini, ma altrimenti è difficile che siamo a nostro agio con un neonatino che dipende totalmente da noi e dalle nostre cure, ma soprattutto dal nostro corpo. Diventiamo genitori dopo anni di “affari” nostri, e di attenzione solo ed esclusivamente ai nostri bisogni. Culturalmente non c’è un sapere trasmesso e attento sul mondo infantile, non ci si prepara alla genitorialità, per cui si agisce in modo istintivo e se non abbiamo rielaborato nostra infanzia saltano fuori tutti i problemi prima o poi.

Non conoscendo il mondo dei bambini e come funzionano ovvio che c’è un eccesso di aspettative errate e non realistiche. Appena ci accorgiamo che non sappiamo cosa fare con questi neonati, c’è una corsa dallo specialista, da cui pretendo soluzioni pratiche per risolvere il “problema”, ma dovremmo solo imparare a sintonizzarci con noi stessi e darci tempo per conoscere e capire il nostro neonato. Quanto è difficile far passare che dobbiamo lavorare su noi stessi, sul nostro mondo interno, sul liberarci dalle nostre ansie, per spolverare tutte le nostre risorse imprigionate dai traumi, e goderci così la genitorialità.

La mancanza di tempo è un altro tema critico perché non abbiamo o non ci diamo il tempo per stare, appunto, nella noia, nell’incertezza, nell’insicurezza. Culturalmente è più importante avere il denaro sopra ogni cosa, e questa corsa al guadagno spesso ci fa perdere il tempo lento e prezioso di crescita con i nostri bambini, che sarebbe un tempo di rinascita anche per noi come individui.

Ci sono poi problemi familiari perché i nonni sono cresciuti in un’altra cultura ed è raro che appoggino le decisioni dei neo-genitori senza criticarli benevolmente e trattenendo tutto quello che non appoggiano delle scelte dei loro figli, perché riguardano i “LORO” nipoti!!!! Quindi spesso questa invadenza e il poco rispetto dei ruoli e confini con i neo-genitori è un altro problema molto diffuso. Anche qui tanta ansia che propaga e che copre l’istinto, lo stare e il viversi le proprie emozioni contrastanti e ambivalenti, normalizzandole. Non ci diamo il tempo per conoscerci e per scoprirci capaci.

Tutte le consulenze perinatali che faccio riguardano principalmente il tema dell’allattamento, del sonno e dello spannolinamento.

L’allattamento perché c’è sempre una grande discrepanza tra quello che spiegano ai corsi pre-parto e quello che poi è l’esperienza di vita. I neo-genitori si sentono proprio traditi se partecipano a corsi pre-parto tradizionali. Ma se non c’è uno psicoterapeuta nel corso pre-parto come facciamo a far passare il messaggio che l’allattamento è essenzialmente stare con se stessi comodi nel proprio corpo, con la propria sessualità e saper/poter entrare in relazione intima e profonda con qualcuno?!

Altro tema molto delicato è il ritmo sonno-veglia, che con un neonato/bambino in casa viene spesso stravolto. I genitori disperati vanno alla ricerca di soluzioni magiche per far dormire il proprio bambino, senza considerare e conoscere il senso del sonno diverso dei neonati, senza approfittare del fatto che dovremmo riposarci anche noi genitori insieme a loro e cambiare le nostre abitudini e non possiamo pensare di avere la vita uguale a prima. Anche qui torna il tema del tempo, della capacità o meno di STARE e non di FARE sempre qualcosa.

Lo spannolinamento è un altro periodo catartico perché dovremmo avere fiducia nelle competenze del nostro bambino, e appoggiarlo nei suoi tempi di dipendenza per poi vederlo spiccare il volo verso l’indipendenza, dopo che ha preso confidenza con il controllo dei suoi sfinteri. Invece ci facciamo condizionare da spinte e aspettative esterne, per esempio maestre che pretendono bambini spannolinati per poterli ammettere alla scuola, per cui ecco che diventa una sfida del genitore e non più la questione più intima e privata del bambino e della relazione con il suo corpo. Per cui capita spesso che “sporchiamo”/ disturbiamo questo magico momento con ansie, sgridate, ricatti, arrabbiature, per fare bella figura con l’educatrice!

Hai esempi di traumi da violenza ostetrica e come li tratti? puoi parlarcene?

Gli esempi di traumi da violenza “intorno alla nascita” sono infiniti: l’aver subito manovre dolorose e non necessarie (come la manovra di Kristeller), aver subito un parto manipolato da tempi esterni, aver subito violenza  fisica o verbale da parte di qualsiasi operatore della nascita pre-parto o nel giorni di degenza post-parto, il sentirsi giudicate perché non si spingeva bene, il dover gestire l’invadenza di troppi sconosciuti che senza presentarsi, dicono e fanno cose durante il parto, il cambio turno degli operatori e il dover cambiare punto di riferimento del personale durante fasi delicate come travaglio attivo o la fase espulsiva, venir banalizzate o derise, sentirsi da sole, non poter bere o mangiare qualcosa al bisogno, venir allontanate dal proprio partner o dal proprio bambino senza ricevere motivi e informazioni, non venir aggiornate sullo stato di salute del proprio bambino per tempi infiniti, decisioni cliniche non comunicate e non spiegate, venir spaventate con frasi tipo “se non fai lo scollamento subito, tuo figlio rischia di morire”ecc ecc ecc. Veramente sono infiniti i tipi di traumi che si possono vivere durante il periodo di degenza in ospedale, ma qualsiasi cosa che viene detta, o fatta o non detta, o non fatta può potenzialmente essere un trauma perché le persone sono molto sensibili, in uno stato di fragilità, imprevedibilità ed emergenza e quel periodo tutto è nuovo, tutto è delicato e tutto entra molto intimamente nella persona, nella coppia e nel bambino. Ecco perché è preziosissima una formazione specifica per chi lavora in questi settori, dobbiamo aumentare la consapevolezza del nostro “potere” in questa fase della vita delle persone.

Tutti i traumi li tratto con la tecnica EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). Questi eventi hanno in comune il senso di impotenza e senso di passività che è rimasto bloccato. Con la tecnica EMDR si lavora sui processi di elaborazione del cervello coinvolgendo sia emisfero destro, che emisfero sinistro, e si va a sciogliere e a ridare luce, informazioni, giustizia, ordine, chiarezza, movimento a quell’azione che è rimasta cristallizzata. Andiamo a riportare vita e protagonismo, riacquistare il controllo del proprio corpo in quell’esperienza così intima e sessuale. Quindi fondamentale è rivivere l’esperienza vissuta traumaticamente fornendo psico-educazione e liberando il corpo da tutte le sensazioni di passività e immobilità. E’ bellissimo assistere a questa trasformazione in cui la persona riacquisisce chiarezza e potere di sé. La paziente in questo caso riesce a comprendere cosa ha subito e a perdonare le parti del sé che non hanno risposto prontamente o fatto qualcosa di diverso. Ecco che arriva il perdono spesso, la comprensione profonda di quello che abbiamo vissuto in quell’evento e liberiamo le risorse per affrontare situazioni simili in futuro.

In cosa consiste il percorso di accompagnamento alla nascita che proponi?

Innanzitutto il percorso di accompagnamento alla nascita deve essere destinato per forza alla coppia! Se non c’è disponibile proprio la coppia genitoriale/generatrice, comunque la madre deve venire ai corsi con qualcuno con cui crescerà il bambino, un genitore, un amico, la futura babysitter in modo che siano in due ad apprendere le conoscenze scientifiche e a capire quanto la prima micro-società di quell’esserino lo influenzerà per il resto della vita.

Altra caratteristica imprescindibile, già accennata prima, è che tutto il corso deve essere co-condotto interamente da ostetrica e psicologa/psicoterapeuta con specializzazione in perinatalità (altrimenti possiamo fare danni!!!). Questo per creare un team fisso di riferimento con cui le coppie possano creare un vero legame di fiducia e alleanza profonda, in modo che poi nel momento di difficoltà ci sia più facilità di contatto e di richiesta di aiuto. La co-conduzione con queste figure professionali è poi imprescindibile proprio per far arrivare in modo graduale e sempre più intenso quanto mente e corpo siano inscindibili, in qualsiasi processo e fase della vita, a maggior ragione durante gravidanza e parto. Bisogna diffondere sempre più fiducia nel nostro corpo, imparare a non averne paura, perché è il nostro sostegno e la nostra guida, anche quando manda segnali più forti.

Il percorso di accompagnamento alla nascita deve poi essere caratterizzato da parti sia teoriche ovviamente, ma anche da esercizi corporei, esperienziali per integrare e per rimettersi in contatto con il proprio corpo e con il proprio emisfero destro in modo da essere più in linea con i propri bambini.

Il corso pre-parto non deve essere un insegnamento di tecniche pratiche, ma deve essere un empowerment di quei genitori specifici, un portare alla luce le risorse di quella coppia per fare in modo che sappiano che ce la possono fare ad affrontare le difficoltà che arriveranno durante il parto o durante il percorso della genitorialità senza sentirsi sopraffatti. Dobbiamo riattivare risorse e creare sicurezza interna, fiducia in se stessi e nel saper chiedere aiuto. E’ fondamentale migliorare la comunicazione tra i partner e avere più informazioni possibili non solo sulle dinamiche del parto, ma anche su allattamento, genitorialità più a lungo termine, per mettere le radici ad una mentalità nuova e che sa stare nel compromesso conoscendo bene sia i propri bisogni e che quelli del proprio bambino. Occasione più preziosa di un corso di accompagnamento alla nascita non c’è, ecco perché dovrebbero essere strutturati in modo completo e co-condotti dai professionisti giusti.

Dal tuo osservatorio, vedi cambiamenti nel ruolo dei padri? quanto conta la loro preparazione?

La presenza dei padri è fondamentale!

I papà non vedono l’ora di essere coinvolti, ne hanno bisogno e sono felicissimi quando  trovano un luogo non giudicante, che restituisce e riconosce il loro ruolo e spazio. Il papà ovviamente deve essere formato, dopo secoli e secoli di esclusione, per poter poi svolgere il suo ruolo di difesa di quella diade in gravidanza, nel parto, nell’allattamento. Il papà deve essere formato, esattamente come la mamma oggi, rispetto a tutto il processo della genitorialità, perché deve essere per forza di cose una co-genitorialità nella società odierna.

Ci tengo troppo (ecco perché penso che dovrebbe essere illegale far partecipare solo le mamme ai corsi pre-parto) alla presenza del partner, perché dobbiamo preparare e informare che il 50% dei divorzi avviene entro i primi 3 anni dall’arrivo del figlio, dobbiamo preparare le coppie alle difficoltà comunicative, sessuali, familiari che attraverseranno e  dare loro più risorse e consapevolezze possibili. Ci tengo alla presenza del partner durante tutto il corso di accompagnamento alla nascita perché non ne posso più di sentir parlare di “depressione post parto”, perché altro non è che “solitudine post parto”; ma se io non formo il papà sul suo ruolo fondamentale, se non diffondo in modo preventivo quanto i traumi infantili vengono a galla con la genitorialità, i partner per ovvi motivi si daranno la colpa a vicenda e non avranno la lucidità per affrontare le difficoltà con uno sguardo più ampio e comprensivo di questo periodo delicato. Quindi questo è un lavoro preziosissimo e rivoluzionario. Dobbiamo investire in una preparazione al parto e alla genitorialità per prevenire disturbi psichici, divorzi e sofferenze. Bisogna prendersi cura della genitoralità e delle persone con un’attenzione personalizzata e profonda per dare un aiuto che faccia la differenza. Questo periodo è un’occasione di crescita unica che non possiamo lasciare al caso, all’istinto e alla fortuna.